23- 27 giugno: dalla Val d’Elsa al Casentino, passando per il Chianti

Lasciarsi alle spalle Monteriggioni al tramonto di una domenica di giugno. Il Festival della Viandanza si è appena concluso e, nonostante la lentezza fosse il leitmotiv dell’evento, ci rendiamo conto che tre giorni sono appena il tempo per conoscere le persone, rincontrarne altre e calarsi in una dimensione alternativa in un paesaggio da cartolina medievale. Non aver avuto neppure modo di visitare le mura della città la dice lunga sulla questione tempo e sull’intensità degli incontri.

Per fortuna la strada è quasi tutta in discesa fino a Pian dell’Olmino, appena fuori Colle Val d’Elsa, dove siamo ospiti di tre ragazzi che vivono in una cascina sulle pendici di una collinetta. Pedalando per lo più su strade secondarie che attraversano piccoli paesi, una delle nostre costanti di viaggio è quella di percorrere, ad un certo punto, qualche chilometro di sterrato con pendenze tra il 10 e il 15{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548}, che spesso ci costringono a scendere dalla bici per raggiungere il posto a piedi. E così è stato anche qui! Sulle prime vola qualche sibilata imprecazione che si placa quando ci guardiamo attorno e comprendiamo che in fondo quello che stiamo facendo è un privilegio che la natura ci concede. E poi, sempre, in fondo a queste strade, c’è qualcuno che ci aspetta con un piatto caldo offrendoci attenzioni “perché i ciclisti sono stanchi e hanno bisogno di riposare“. Ma il riposo vero e proprio in genere non arriva mai prima dell’una di notte, ed ogni sera è un tassello in più che arricchisce il nostro viaggio. Così è stato a Pian dell’Olmino, dove abbiamo anche trovato due lucani: Arianna e Salvatore che, insieme ad Armando, ci hanno preparato una pasta al pesto con il loro profumatissimo basilico!

Intanto, la Boeris Bike 1, quella di Daniele, non ha potuto godere con noi di questa esperienza, perché in convalescenza presso Gippo Bike (sponsor di Viandanza), che le ha riparato tre raggi e il perno della ruota posteriore.

Rimessa a posto la bici, riprendiamo la strada verso il Valdarno. Il paesaggio cambia, il giallo si mescola al verde e la terra si copre di tappeti di vigneti. Siamo nel mezzo del Chianti: ce ne accorgiamo anche per i continui saliscendi,  i paesi lungo la strada sono pochi, sfioriamo Castellina in Chianti e proseguiamo per Radda, dove incontriamo una cara amica di avventure teatrali di Daniele, Monica, che gestisce in paese l’osteria La bottega di Giovannino. Ci racconta che il Chianti è una zona altamente turistica, battuta soprattutto da stranieri, è ad oriente lo specchio turistico di ciò che le colline senesi sono dall’altra parte dell’Arno.
Superato il Chiantishire, come lo chiamano per l’appunto gli assidui frequentatori stranieri, entriamo nel Valdarno: ci tocca valicare i Monti del Chianti per raggiungere Mercatale Valdarno, non lontano da Montevarchi. Salite su salite in una giornata molto afosa, unico sollievo ormai nel tardo pomeriggio una strada immersa nei boschi, fresca e quasi solitaria. Superata Nusenna si scavallano i monti e si scende verso il Valdarno. Finito il paesaggio quasi bucolico dei vigneti del Chianti DOCG, ci ritroviamo in una natura meno schematica alla ricerca del nostro posto per la notte, la Casa del Monte, che ci era stato segnalato a Monteriggioni da amici. Eh sì, funziona così: cerchiamo di stabilire di volta in volta i punti di collegamento tra una tappa e l’altra, e durante il percorso prendiamo contatti per definire date e orari.

Le tappe di collegamento sono fondamentali, perchè ci permettono non solo di sostare sulle lunghe distanze, quindi evitare di prendere il treno, riposare, ma soprattutto di scrivere e lavorare sul materiale raccolto. E a volte, quando ci va di lusso, incontriamo anche storie interessanti da raccontare! Come succede anche nel B&B Casa del Monte di Mercatale. Veniamo accolti da Camilla, che gestisce l’attività insieme ai genitori, proprietari dell’abitato: tipico accento toscano, è figlia di un milanese e una veneta, che negli anni ’80 comprarono la casa colonica perché si erano innamorati del posto e la ristrutturarono. Il loro reddito si fonda sulla coltivazione di verdure e olio e sull’utilizzo di parte della casa per offrire ospitalità a turisti. Camilla, seconda generazione cresciuta in campagna, vive malvolentieri a Montevarchi e sta progettando, in quella che è diventata la sua piccola azienda familiare, passeggiate naturalistiche con le asine ed eventi culturali in loco per i visitatori.

Solo 30 km ci dividono da Capolona. La nostra tappa successiva, per la precisione, è Apia, piccola frazione di Capolona. Siamo in terra aretina, per intenderci, a circa 12 km da Arezzo: percorrendo strade secondarie, attraversiamo la campagna casentina, che ci appare meno olografica di quella senese, la strada è tendenzialmente in salita costante ma sopportabile, a parte le frequenti buche che ci costringono a slalom a tratti pericolosi, per fortuna il traffico non è così frequente nonostante i centri abitati non manchino. Qui ci attende un incontro importante.

Silvia Tessitore è prima di tutto una nostra cara amica, che ci ha messo a disposizione la sua casetta di Apia come base di lavoro per alcuni giorni, immersi nel verde e nel silenzio. In secondo luogo, è la direttrice editoriale della Casa editrice Zona, che ha fondato sedici anni fa insieme a Piero Cademartori. Un progetto ambizioso che nasceva da una silenziosa passione comune verso l’editoria: la poesia ha inaugurato i loro primi lavori editoriali, ai quali è seguito un ricco percorso musicale, che ancora oggi portano avanti, seppur con grande fatica. Ed è per questo che lo scorso anno Silvia ha prodotto uno scritto, che molti hanno definito pamphlet. “Quello che ai lettori non dicono” ha un sottotitolo ancora più impegnativo: “Come funziona (malissimo)il mondo del libro di carta in Italia“. La sua riflessione sullo stato dell’arte dell’editoria cartacea italiana va a toccare le corde sensibili della libertà d’impresa e di pensiero in Italia, in un periodo di forte crisi economica e culturale, in cui a pagare lo scotto sono principalmente le 500 piccole e medie aziende artigiane del libro, come ama definirle Silvia.
Il mercato del libro in Italia è cresciuto fino al 2008, in controtendenza con altri settori già in crisi, e ciò ha permesso alle piccole case editrici di crescere sul mercato. La realtà, però, inizia a cambiare quando Berlusconi, già editore, acquista Mondadori imponendo il suo controllo sulla più grande casa editrice italiana: la vicenda, meglio nota come Lodo Mondadori, risale al 1990, quando Berlusconi diviene Presidente dell’azienda scavalcando un precedente accordo della stessa con la CIR di Carlo De Benedetti; in seguito si scopre che i giudici che hanno emanato la sentenza a favore di Berlusconi, nonché amici dell’avvocato di Fininvest Cesare Previti, hanno ricevuto ingenti tangenti. La vicenda si conclude solo nel 2013 a favore di De Benedetti.
Solo per fare il punto sulla storia contemporanea.

Nel 2002, inoltre, il passaggio all’euro conduce al raddoppio immediato di tutti i costi alla produzione editoriale. In tale situazione le altre quattro grandi case editrici, Feltrinelli, Giunti, i gruppi RCS e GeMS (Mauri Spagnol), in risposta alla crisi (si parla per tutti di una perdita del 30{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} del fatturato) decidono di riposizionarsi sul mercato aprendo, per esempio, le grandi librerie di catena e diventando grandi gruppi industriali quotati in borsa che detengono il controllo del mercato librario dalla produzione alla distribuzione.
Non c’è dunque più spazio sul mercato per le piccole aziende.

Silvia ricorda ancora che la Commissione Antitrust non si è mai preoccupata di far rispettare l’applicazione della legge Levi sullo sconto librario, largamente disattesa dai grandi, come delle ricadute del conflitto di interesse tra Mondadori e altre case.
Ricordiamo a chi legge che la legge Levi, varata nel 2011, imponeva un tetto massimo di sconto del 15{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} sui prezzi di copertina proprio per tutelare le piccole case editrici dalla concorrenza delle grandi, avvezze a praticare sconti alti per ripulire della merce i magazzini attraverso il canale della grande distribuzione (autogrill, etc..).

Silvia è insorta in difesa del suo lavoro e soprattutto del suo progetto di vita portando quest’anno lo scritto alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, sulla quale esprime le sue critiche per essersi trasformata in un contenitore in cui le iniziative sono ormai fortemente condizionate dall’esposizione mediatica dell’autore.
Una necessità a cui oggi nessuna casa editrice si può sottrarre è certamente il passaggio all’editoria elettronica, sebbene in Italia corrisponda solo al 3{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} del fatturato.

Abbiamo chiesto a Silvia se in questo panorama per molti disastroso intraveda delle soluzioni a breve-medio termine.
Partendo dal presupposto che la compresenza sul mercato tra piccoli e grandi editori non sia incompatibile, lei crede sia necessaria l’apertura di un tavolo di lavoro tra tutti i soggetti del mercato al fine di ridistribuire le parti e porre un argine allo strapotere dei grandi; è ancora necessario rafforzare un sistema di garanzia che non sia di tipo assistenzialistico.
In tutto questo i lettori che ruolo giocano? Patiscono la crisi inconsapevoli, in gran parte, del funzionamento del grande sistema che li circonda.

Nel frattempo l’Italia continua a perdere lettori, posti di lavoro e imprese e paradossalmente il mercato del libro è in sovraproduzione.
Come la regola del “giusto prezzo” in agricoltura, così anche quella sul “giusto profitto” viene disattesa: i piccoli editori, che investono senza grandi capitali alle spalle, sono ormai costretti a restare a galla senza la garanzia di un reddito equo.

Ecco perché abbiamo voluto raccontare nel nostro percorso la storia di Zona Editrice, che speriamo funga da volano per altre case editrici indipendenti: il mercato dell’editoria, al pari di quello agricolo, artigianale, terziario, in questo momento storico non trova il suo spazio di espressione se non al limite tra povertà e illegalità.