“Datemi la Futa! Datemi la Ruta! Ma gaute de suta, treno’d le bale!”
Molti commenti che ci arrivano (affettuosi in maniera commovente: grazie!) si preoccupano della fatica fisica dello spostarsi in bici. Grazie davvero, ma è bene precisare che non intendiamo compiere nessuna impresa eccezionale. Fino a non troppi decenni fa la quasi totalità delle strade italiane era costruita per i carri a trasporto animale, per cui il rapporto tra salite e discese, falsopiani e scollinamenti, è studiato in modo da alternarsi in maniera generalmente ragionevole, in modo che muli, asini e buoi potessero rifiatare. E i ciclisti naturalmente 😉 . Non a caso la bicicletta è il tipo di esercizio fisico più adatto anche alla terza età!
Certo, il caldo può aumentare i problemi, ma dateci qualsiasi salita piuttosto di dover caricare una bici affardellata in un treno! Stiamo raccogliendo un simpatico album di foto delle situazioni più rocambolesche in cui ci troviamo quando ci tocca sperimentare la famosa intermodalità. Martedì si trattava di lasciarsi alle spalle le Cinque Terre e di arrivare in Lunigiana. Nella Regione Liguria c’è una convenzione per cui le bici possono viaggiare gratis in treno. Ma c’è un escamotage: se il treno non è “attrezzato”, il ciclista non sale! Cinque Terre si diceva. Siamo solo ai primi di Giugno, ma già c’è un simpatico assieparsi di turisti tedeschi, austriaci, britannici, australiani… E quanti bicimuniti! Giovani coppie, gruppi superattrezzati o famiglie intere con tanto di cargo coloratissimi. Possiamo davvero permetterci di perdere tutto questo turismo internazionale? Chissà se qualcuno lo dice a Moretti.
Ci sarebbe da scendere a ogni stazione da Levanto a Riomaggiore e godersi le meraviglie: fatelo voi che potete! A noi tocca tirare diritto verso lo snodo principale, La Spezia, e da lì salire verso Aulla e da lì a Fivizzano, dove la Liguria diventa Toscana. Anzi, Lunigiana! E’ diverso. Si parla ligure ed emiliano, quattordici Comuni sono sparsi tra monti e valli e di questi Fivizzano, enclave medicea nella terra dei Malaspina, conta 8.400 abitanti sparsi per novantaquattro frazioni. Tradizioni anarchiche e repubblicane, eppure da qui son saltati fuori Bondi e Verdini per tacere dell’ineffabile Barani, il creatore del “Comune dedipietrizzato” e del monumento a Craxi e alle “vittime della magistratura” (una colonna con mani che grondano sangue, si capisce che sono magistrati perché hanno i volant alle maniche, ovvio no?). Contraddizioni a grappoli, e di nuovo, bellezza e ingegno nascosti dietro l’angolo. Una biblioteca ricavata da un ex-convento agostiniano dove scopriamo che fu Jacopo da Fivizzano il primo in Italia a usare i caratteri mobili e dove sono esposti incunaboli e volumi con parecchi secoli alle spalle, e che si sta provvedendo a digitalizzare. E Dal libro alla solidarietà, singolare caso di libreria dell’usato gestita come una biblioteca pubblica. Alimentata dai lasciti dei paesani sparsi per la valle, vanta titoli di grande valore la cui vendita serve a sostenere progetti di solidarietà in accordo con Emergency.
Ed è proprio lì che veniamo chiamati a cantare e raccontare il progetto #2RR. Siamo accolti da Carmine, docente universitario in pensione e anima della libreria, e Carlo, vulcanico architetto ottuagenario con la storia del Comune sulla punta delle dita. Intorno a loro si materializzano oltre una ventina di abitanti dei dintorni che dopo il nostro lavoro di “riscaldamento” iniziano a esporre le loro storie e le loro idee. Straordinaria la diversità delle provenienze: Genova, Calabria, Milano, Bergamo, Brescia, quasi tutti hanno scelto di arrampicarsi sulle Apuane con l’intento di cambiare ritmo di vita. C’è chi produce il famoso miele DOP della Lunigiana e chi, come Antonio e Grazia, ha ristrutturato una fattoria in disuso trasformandola in un bed & breakfast modello. E, come il protagonista di Il vento fa il suo giro deve a volte sentirsi rispondere in cambio dei suoi entusiasmi: “non prendo lezioni da un milanese!”
Dopo quattro ore di intenso scambio con tanto di merenda collettiva finale, si gira tra gli invitanti scaffali. Continuando con lo spirito agostiniano la tentazione del “prendi e leggi” è forte. Non fa eccezione un piccolo e goloso reparto dischi, dove fanno capolino vinili da antologia del rock a prezzi folli; da Dream Letter di Tim Buckley a Exile On Main Street a Unhalfbricking a Heartattack And Wine passando per Rock Bottom, John Barleycorn Must Die, Rock’n’Roll Animal… C’è persino un giradischi per goderseli sul posto (lacrimuccia del rocker randagio)!
Il giorno dopo è prevista una visita impegnativa: in Lunigiana si è vista la più feroce concentrazione di stragi nazifasciste e i nostri anfitrioni ci portano a Vinca. Ci fanno notare come in quelle interminabili curve i nazisti si siano incamminati con lo scopo di uccidere, vendicare i loro morti. Impressionante la convivenza tra una natura pacifica e verde, quasi selvaggia, ai piedi delle Alpi Apuane, e la presenza di una memoria storica devastante, che probabilmente, insieme alla crescente emigrazione giovanile, affatica il processo verso un cambiamento.
Ma tutti hanno il No Tav in casa propria. Incontrare tante persone in vari posti d’Italia ci sta facendo riflettere sulla crescente necessità di molti italiani di ribellarsi alle frequenti realizzazioni di Grandi Opere infrastrutturali, sbandierate come tali ma che in realtà devastano il territorio. Anche la Lunigiana porta avanti la sua protesta contro la costruzione della galleria del Monte Tambura, un tunnel che dovrebbe collegare la strada regionale 445 della Garfagnana con Massa Carrara. Lo scopo è quello di collegare il corridoio tirrenico con la Garfagnana, così da agevolare anche il trasporto del marmo su ruota. Peccato che le strade già ci siano e che in questa maniera molti paesini dei dintorni rimarrebbero esclusi dalla viabilità, tranne due. Tutto ciò in nome della dea Velocità. Per non parlare del grave danno che arrecherebbe al patrimonio naturale, essendo un territorio prevalentemente carsico. Pur se il grado di consapevolezza civica non è pari a quello che si è costruito negli anni in Val di Susa, cogliamo il fermento civile crescente, che ambisce a gemellarsi con la protesta valsusina, intravedendo in ciò la forza per poter scavalcare i confini della mentalità tradizionale. Sono attivi movimenti come Salviamo le Apuane, che si oppone all’escavazione selvaggia del marmo, ormai non più in grande quantità; inoltre, le cave sono di proprietà di privati che, come al solito, pagano ai comuni concessioni irrisorie; in compenso per fare le vie di collegamento si chiedono soldi pubblici.
La stessa consapevolezza comincia a dare coraggio a molti giovani, del posto e non, che intraprendono la coltivazione del biologico, l’apicoltura, attività didattiche e agricole con gli asini. Qualcuno dice che in Lunigiana il tempo sembra essersi fermato al Medioevo: le costruzioni lo confermano, in particolare i tantissimi castelli sulle varie colline -per citarne solo uno, il Castello della Verrucola-, ma la gente ha voglia di andare avanti.
Sospettiamo che, come le Cinque Terre, un luogo riesca a mantenere la sua bellezza nel momento in cui è difficile da raggiungere in automobile. Gassano, Gragnola, Monzone, Equi Terme, Barga enclave italo-scozzese (di Glasgow), sono alcuni tra i piccoli centri lunigianesi intorno a Fivizzano, collegati tra loro per mezzo di strade e stradine, alcune nascoste, che certamente non favoriscono un turismo di massa. E non è una brutta cosa. Intanto sono luoghi in parte attraversati dalla via Francigena, nella quale confluisce la Via del Volto Santo; sono a pochi passi dal mare e dalla montagna; conservano quasi intatta la loro storia medievale; le strade sono in gran parte percorribili in bicicletta, – noi per esempio abbiamo pedalato lungo la strada che collega Fivizzano a Carrara, varcando le Apuane, ed il paesaggio è stupendo- per cui si potrebbe pensare alla diffusione di un turismo culturale e sostenibile per l’ambiente, tra quelli più incontaminati in Italia.