In bicicletta, si sa, si viaggia ad una velocità umana, che Ivan Illich indicava nei 25 km/h max, e anche i reportage sono lenti: le giornate sono sempre piene di incontri, imprevisti, perciò è difficile rispettare i tempi che la scrittura di un reportage impone.
Perdonateci dunque se la scrittura non è in linea con la pedalata. Oltre tutto, quando fa caldo come nei giorni scorsi la concentrazione va e viene e la stanchezza si fa sentire di più.
Come la mattina del 16 luglio, ultima tappa della biciclettata No Tav. Ancora in tenda -sul terreno della casa di Sonia a Brian- già sappiamo che sarà un’altra giornata torrida. Ma, caricate le tende sul furgone, riprendiamo le nostre bici, Bagnaria Arsa -quando si dice un nome di buon auspicio!- ci aspetta.
E ci aspetta soprattutto Maria Luisa, accesa attivista di PortogruaroVive, che la sera prima ci ha invitati a Portogruaro, dove da qualche anno le centrali a biomassa spuntano come i funghi, a irrisoria distanza dai centri abitati.
E infatti a Villanova, pochi km a est di Portogruaro, ne vediamo una: la più grande, a quanto pare, che brucerebbe 330 tonnellate di legname vergine al giorno.
Dove lo trova? È una delle domande che il comitato cittadino, a difesa dell’ambiente e della salute dei residenti, si sta chiedendo, immerso nel timore che la centrale, di proprietà della Zignago Power, pur di funzionare al massimo si metta a bruciare anche altri rifiuti non ammessi per la biomassa.
L’altro interrogativo riguarda la quantità di energia elettrica prodotta: sicuri che soddisfi le sole esigenze dei cittadini e che non venga in parte venduta creando un profitto? Eh già, perché le centrali a biomassa vengono finanziate dall’Europa tramite la Regione. In questo caso il Veneto, che però ancora non ha approvato un Piano ambientale.
Insomma, forse una parte del Veneto vive ancora di luce riflessa sulla ricchezza creata dalla famiglia Marzotto. Ma ora che il tessile è in crisi è urgente comprendere le radici di questa ricchezza. E quanto (poco) sia solida.
Di fronte a questi drammi, ambientali e non solo, ci consoliamo abbracciando con Luisa la quercia più vecchia della zona, che ha più di cinquecento anni!
Riprendiamo la pedalata proseguendo sulla SS14: attraversiamo il confine naturale del Tagliamento, salutiamo il Veneto e, passando per Latisana, entriamo in Friuli; raggiungiamo San Giorgio di Nogaro, dove riceviamo una entusiasmante accoglienza dal locale Comitato No Tav. Almeno trenta compagni festosi e scampanellanti in bicicletta, prima di raggiungere insieme il Forum, ci portano a Torviscosa, città bonificata in epoca fascista e resa importante dalla presenza di una fabbrica di produzione di cellulosa, convertita poi alla lavorazione, appunto, della viscosa.
A San Giorgio il Comitato Giù le mani dalle fontane lotta da tempo per evitare il passaggio dell’acquedotto nella Bassa friulana: i pozzi artesiani infatti, presenti in grande quantità, sono stati riconosciuti come fonte esclusiva di approvvigionamento idrico dell’area, ma una legge regionale, in presenza di acquedotti, ne imporrebbe la chiusura. O ne destinerebbe l’acqua naturalmente minerale a usi industriali. Uno spreco degno di una lotta.
Con circa 700 km alle spalle, tutti pedalati e da tutti, dal più giovane al più anziano, dopo otto giorni di cammino su due ruote, il gruppo degli attivisti in bicicletta, scortato dagli amici di San Giorgio, arriva miracolosamente e trionfalmente a Bagnaria Arsa, accolto da altrettanti amici.
Un primo ringraziamento va a Fulvio, il nostro bravissimo autista, capace persino di entrare nei sensi vietati dei centri città e tornare indietro con una classe assoluta, la stessa tenuta anche di fronte alle forze dell’ordine, spaventate da un gruppo di ciclisti (e dico ciclisti!); il secondo grazie va a Guido, il nostro portavoce, partito da Susa già abbondantemente abbronzato e capace di sentire il profumo del mare a distanza di chilometri; a Tommaso, il “non più giovane” della compagnia, eroicamente rialzatosi dopo una caduta e che, insieme ai primi due, sembrava essere uscito direttamente dal cast di Amici miei di Monicelli per la dose di ironia, simpatia che ci hanno regalato nei più disparati momenti della giornata; un inchino al secondo autista, seppur con mezzo utilitario, non meno importante del primo, Valerio, che ha provveduto a tenerci buoni procurandoci il cibo al momento giusto; e poi ad Alessia, che non credeva ci sarebbe riuscita e invece ce l’ha fatta; ad Eleonora, che con Alberto e Matteo hanno preparato le loro tappe con puntualità pur non essendo sempre con noi; a Mariano ed Ezio, che non per volontà loro hanno abbandonato i pedalatori troppo presto; ai giovani fusti Walter, Andrea e Paolo, che spesso sparivano sulla strada per tirare la volata (a chi? non si sa!); a Marco e Gabriele, le nuove giovanissime speranze della lotta No Tav; a Vanessa, con il suo spirito da spritz con bollicine; a Frank, che da Roma è stata la nostra mascotte in tall bike; a Margherita, reporter del gruppo per buona parte della pedalata, che ci ha traditi per una Grande Opera 🙂; a Giovanni, il nostro personale illustratore in movimento.
Siamo orgogliosi di essere stati parte di questo gruppo. Orgogliosi di essere in bicicletta sventolando la bandiera No Tav, nonostante qualche critica e qualche clacson di troppo. Quando qualcuno ci ha urlato Andate a lavorare! (i Veneti non sono per niente originali!) abbiamo pensato che questo viaggio è parte del nostro lavoro: attraversare i territori, assaggiarli, calpestarli coi piedi nudi, conoscerne persone, problematiche e storie per assumere e rafforzare un punto di vista sul nostro Paese, senza dare troppo credito a chi ha la presunzione di frapporsi tra il nostro pensiero e la verità dei fatti (come certi media), è una cosa che tutti dovrebbero darsi la possibilità di fare, prima o poi.
E farlo in bicicletta ha significato, come anche Paolo Rumiz sostiene, restringere il territorio, avvicinare i luoghi, farli parlare tra loro: in questo modo il tempo si dilata e nel frattempo tutti i luoghi che lo attraversano acquistano familiarità, finché anche la meta ci sembra casa nostra.
Il grido No Tav dalla Valle di Susa è giunto così a Bagnaria Arsa, non sulle pagine distorte di un giornale ma attraverso la buona volontà di chi crede che l’opera non s’ha da fare, né in Valsusa né in Friuli.
E nella cronaca del Forum -nel prossimo post- spiegheremo anche perché.