28-29 giugno: Passignano sul Trasimeno

Gli incontri ad Apia, piccola frazione arrampicata su una salita ai piedi dei monti del Casentino, non si sono ancora conclusi. Silvia Tessitore ci regala, oltre alla sua storia di editrice coraggiosa, anche quella di due suoi cari amici di passaggio, Guido e Stefano. Da Arezzo hanno raggiunto il mare di Capalbio da circa tre anni per aprire Qart, un laboratorio artistico di riciclo, riuso e restauro di arredamento e oggettistica varia, oltre che di restyling di interni e di casali.

C’è chi degli oggetti trovati in discarica non sa nemmeno l’esistenza, chi crede che siano dei poveri o “zingari” che ci rovistano, chi invece si tiene alla larga perchè non le ritiene dignitose di uno status sociale. Stefano, insieme a Daniela, Marco e Carlo, ritiene che anche i materiali e oggetti abbandonati abbiano un loro valore d’uso, anzi economico oltre che artistico. Dal ferro alla ceramica, dai mobili al vetro al legno, lavorati con le mani e con prodotti naturali o con il minore impatto sull’ambiente.

Recuperare oggetti abbandonati per ridargli un’anima, pur mantenendo intatta la loro natura. Una volta il riciclo, dagli oggetti ai vestiti ai mobili, era uso comune. Con il boom economico si è pensato bene di eliminare le buone abitudini per dare spazio al consumismo sfrenato. Oggi, complice in parte la crisi, si ricomincia. Dal basso. Qart potrebbe essere una delle nostre tappe al ritorno a Torino, forse. 🙂

E con loro lasciamo la Toscana. Finalmente, direte! Ridendo e scherzando ci abbiamo passato 18 giorni e notti. È ora di cambiare modello e territorio, conoscere anche… il resto d’Italia! 😉 Sfioriamo Arezzo facendo un po’ di slalom nel traffico e dalla cima del cavalcavia si staglia un curioso contrasto tra il magnifico centro storico e i centri commerciali in agguato. Siamo sulla Statale Umbro-Casentinese-Romagnola, una strada molto battuta e dal traffico veloce. Decidiamo di gettarci come in apnea e presto sulle colline vediamo Castiglion Fiorentino, poi ci appare Cortona arrampicata austera sulla montagnola. Usciamo dalla mischia all’altezza di Terontola Alta e si comincia a salire. Ancora qualche pedalata e siamo in Umbria: ci accorgiamo di aver attraversato il confine regionale poco prima di Tuoro sul Trasimeno. Tra i vigneti e i girasoli finalmente ci appare, lontana nella giornata leggermente brumosa, la sagoma del lago.

Siamo diretti a Panta Rei, il centro di esperienze per l’educazione allo sviluppo sostenibile che si trova in cima alle colline sopra Passignano sul Trasimeno. Abbiamo conosciuto il fondatore e direttore Dino Mengucci al Festival della Viandanza grazie a Italia che Cambia, che ha esaurientemente raccontato la sua storia qui. Saputo del nostro viaggio, Dino ci ha gentilmente invitati a far loro visita.

L’invito bisogna guadagnarselo! La fattoria è situata in cima a una serie di colline a dir poco scoscese (oltre il 20{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} di pendenza)! Tocca non solo salire con le bici a mano ma ahinoi, anche farsi portare il bagaglio. Massima ignominia!

Dino ha oltre settant’anni, portati splendidamente. Cammina serafico a piedi nudi tra sterpi, sassi e ortiche mentre ci racconta la sua storia di figlio di braccianti marchigiani che lavoravano per il più classico dei latifondisti, anche dopo la Riforma agraria del 1950. Primo della famiglia a studiare, aveva scoperto le truffe del padrone ai danni dell’incredula famiglia. Dopo essere diventato steward per Alitalia finì per prendere in gestione il terreno abbandonato sulla collina sul lago.

Panta Rei ricorda certi borghi di montagna dell’alta Langa: apparentemente poco estesi, nascondono dietro ogni dosso, ogni avvallamento, una nuova baita, un pascolo inatteso, un nuovo gruppo di case. Qui “dietro al rovo, il cespuglio, il canneto” si celano edifici anche di dimensioni importanti. La mimetizzazione è merito dei colori, perfettamente sposati con l’ambiente, ma sono i materiali a stupire: legno certamente, ma in molti casi semplicemente fango! Fango, impastato con la paglia tenuta su dal cannucciato.

Dino è prodigo di spiegazioni: “Le case sono fatte di terra sfusa, o terra e paglia, a seconda. Nel lato nord ho messo le balle di paglia, a ovest i bancali di legno che avanzano dai cantieri, poi paglia bagnata e infangata, che indurita è più resistente del cemento. Si possono facilmente ottenere i colori preferiti miscelando l’argilla, la pula di farro o di miglio.”

Crolla un caposaldo dell’infanzia! I tre porcellini era uno spot della lobby del mattone!?

Gli strati della costruzione sono ben visibili. Tra fango, paglia e listelli di legno la tenuta e la stabilità appaiono sorprendenti.
Gli strati della costruzione sono ben visibili. Tra fango, paglia e listelli di legno la tenuta e la stabilità appaiono sorprendenti! (Foto di Tullio Bugari)

Scherzi a parte, delegazioni di architetti soggiornano regolarmente a Panta Rei portando i più recenti studi di bioarchitettura e confermando la felice ipotesi: l’unione tra le conoscenze odierne e la sapienza antica dei materiali naturali ha delle potenzialità enormi! Lo dimostra… la casa sull’albero!

Piacevole applicazione pratica di bioedilizia, antisismica e a prova di Ezechiele!

Panta Rei ha una doppia anima: centro studi all’avanguardia e fattoria didattica presa d’assalto dai bambini, che senza accorgersene ritrovano sogni ancestrali, dalla casa sull’albero all’arrampicarsi. Un’idea semplice e ingegnosa, una pedana in legno costruita sul fianco del pendio, permette anche ai ragazzi in carrozzina di avvicinarsi agevolmente ai pini profumati di resina, che sembrano uscire dal pavimento di legno. Ai bambini viene restituita la dimensione del sogno, del magico. Ma anche, ora che sempre più genitori affidano incautamente ai figli luccicanti tablet, ritrovano la complessità del reale, l’imperfezione e la tridimensionalità della natura.

Non è mai troppo tardi per arrampicarsi sugli alberi! (Foto di Tullio Bugari)

Giovani woofers ed elementi del Servizio Volontario Europeo sono costantemente presenti, il lavoro non manca. La visita all’orto sinergico rafforza la sensazione di autosufficienza. Ne vedremo altri durante il viaggio, ma quello di Panta Rei rimane il migliore, il più organizzato ed esteso.

"Le piante hanno un senso molto bello della sinergia. Quelli sono fagioli,  cipolle, agli, insalata, pomodori... Ognuno prende quel che gli serve e lascia quel che non gli serve. Se imparassimo noi umani a fare quello che fanno le piante in sinergia, ognuno prenderebbe il cibo che gli serve e ci sarebbe cibo per tutti."
“Le piante hanno un senso molto bello della sinergia. Quelli sono fagioli,  cipolle, agli, insalata, pomodori… Ognuno prende quel che gli serve e lascia quel che non gli serve. Se imparassimo noi umani a fare quello che fanno le piante in sinergia, ognuno prenderebbe il cibo che gli serve e ci sarebbe cibo per tutti.”

La terra, coperta da sostanza organica, non viene mai calpestata e si conserva umida. La presenza di piante infestanti ridotta al minimo. Unica concessione alla modernità, la serra per l’inverno: le piante sono più avanti ma bisogna innaffiare perché non ci piove sopra. Si avvertono -finalmente!- i primi profumi di pomodoro e peperone da quando abbiamo iniziato il viaggio! Profumatissimo sedano di montagna. Raccogliamo carote per la cena e un prezioso rametto di iperico da legare alla bicicletta.


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Route 2.824.962 – powered by www.bikemap.net


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