28-30 agosto: Forlì, Forlimpopoli e ritorno. Per ora

Viaggiare in bicicletta, come hanno sostenuto già tanti prima di noi, ti permette di incontrare tanta gente e, quando si è fortunati, anche di conoscerla meglio. Il nostro viaggio ha seguito la regola, tanto che ce ne vorrebbe un altro per rivedere tutti!

A Velletri e Giulianello per esempio siamo riusciti a ritornare, ricevendo un’accoglienza indescrivibile e condividendo con gli amici una prima bozza dello spettacolo itinerante in costruzione.
Ma capitano anche altre cose belle lungo la strada.
Quando siamo stati al Festival della Viandanza a Monteriggioni abbiamo conosciuto una simpatica e vivace signora di Forlì entusiasta del nostro progetto. Senza conoscerci Marna si è subito resa disponibile per offrirci ospitalità nel caso avessimo voluto passare per Forlì. Si poteva dire di no?

E allora da Velletri facciamo un salto in Romagna. Il tempo ormai ci rincorre, perciò percorriamo in treno la strada fino a Cervia, assaggiando finalmente anche la costa adriatica. Qualche giorno di riposo tra la pineta e le saline, una immersione nell’arte ravennate e via per l’ultima tappa!

Dopo tanti km e tante alture, questo panorama piatto può apparire anticlimatico, ma la Storia fa capolino ovunque. Quella che i romani chiamavano Ficocle, fino a non troppi anni fa conosceva solo il lavoro duro, la sopravvivenza strappata dal sale e dal mare. Salinari e pescatori, in poco tempo videro trasformarsi in miniera d’oro quello che era terra ingrata e fardello. Fu il boom, e legioni di lavoratori, appena timbrato l’ultimo cartellino, si incolonnarono disciplinatamente sulle autostrade nuove di zecca. La pineta fece posto a casette, villette, alberghetti e albergoni. Il ritmo naturale delle stagioni si trasformò nella bulimia dei brevi mesi estivi, seguita dal deserto nel resto dell’anno.

Now in main street whitewashed windows and vacant stores, canterebbe il Boss. La stagione della bulimia si è fatta sempre più breve, e c’è chi ha già imparato ad apprezzare i viaggiatori poveracci con la bici.

DSCN4710Destinazione Forlimpopoli, appena più in là di Forlì, sopra una collinetta, dove siamo ospiti del Festival di Musica Popolare alla sua ventesima edizione, dedicata a tutti i cari amici vicini e lontani che hanno invaso in questi venti anni le aule della Scuola di Musica Popolare, e a tutti quelli che si sono incontrati sugli incroci della lunga strada della musica folk. Dietro la magistrale direzione di Marco Bartolini, che si prepara a dirigere la prossima edizione, siamo ospiti dello spazio pre-festival nel Circolo Arci I Bevitori Longevi, un luogo molto vivace che si affaccia sulla medievale piazza del Castello. E ci si confronta con il pubblico, in immagini, musica e parole, sulle suggestioni raccolte durante il nostro viaggio.

Ma prima di tutto ciò siamo andati a conoscere i forlivesi insieme a Marna Corzani, che è stata la nostra mediatrice sul campo!
Armati di bici, in una giornata di sole abbiamo attraversato qualche chilometro di campagna appena fuori Forlì e, con lo sguardo sulle dolci colline, siamo stati accolti nell’Azienda Agricola I Piccoli.DSCN4669
A San Tomè, in mezzo ai loro campi, ci vengono incontro Chiara e Gianluca: lui è impegnato ad arare con il trattore, Chiara ci guida nei loro frutteti e tra gli ortaggi che coltivano, che vendono nei mercati della zona, riscuotendo grande successo. Loro appartengono a quella generazione che ad un certo punto della vita ha deciso di cambiare rotta. Il cambiamento è arrivato nel 2009, quando entrambi decidono di lasciare i rispettivi lavori e di dedicarsi alla coltivazione della terra fino a quel momento appartenuta alla nonna di Chiara.

Abbiamo deciso di dare una nuova direzione alla nostra vita -ci racconta Chiara- perché volevamo riprendere un rapporto diretto con la terra, con un vivere più a misura di persona. La nostra è un’agricoltura sostenibile, fatta con le sole nostre mani, produciamo cibo biologico e attraverso i mercati manteniamo un rapporto diretto con il consumatore. Abbiamo deciso di continuare la strada di mia nonna Verdiana e abbiamo trasformato il pescheto in coltivazioni di ortaggi e frutta. Certo, avere già la terra a disposizione è un punto di partenza privilegiato! Come azienda abbiamo avuto accesso ai fondi destinati ai giovani agricoltori, utili soprattutto per acquistare trattori, che in genere hanno costi alti.

Ma la cosa più curiosa che vediamo nel loro campo è una casettina mobile in legno affiancata ad un recinto in cui sono raccolti polli e galline.

La casa mobile per polli!
La casa mobile per polli!

L’idea della casetta mobile, costruita da Gianluca circa due anni fa, viene da alcuni spunti ricavati guardando siti sulla realizzazione dei chicken tractors americani. Noi l’abbiamo adattata alle esigenze dei nostri polli, creando un habitat il più naturale possibile per loro.

In pratica, una roulotte per polli, che periodicamente se ne vanno in vacanza da un posto all’altro dei terreni per mangiare l’erba e allo stesso tempo concimare la terra. Diversi sportelli permettono di far aerare il luogo, pulirlo, raccogliere le uova. C’è da prendere spunto!

E poi, nell’azienda conosciamo lei. Un’anziana signora che appena ci vede ci sorride alla maniera romagnola, subito accogliente: è nonna Verdiana.

Verdiana versione musicista!
Verdiana versione musicista!

Una donna forte, si vede già dall’aspetto, che ci offre pasticcini e bibita fresca nel cortile di casa, e che non perde tempo, ci racconta subito della sua vita, delle sue nipoti, condivide con noi un racconto sulla sua vita e una lettera commovente che ha scritto in occasione della laurea di una delle sue nipoti. Sebbene abbia un’età, la sua scrittura è molto lucida, ricca di ricordi e di simpatici aneddoti. Non lo dice direttamente ma è contenta che sua nipote Chiara abbia deciso di prendersi cura della loro terra ed è felice di trasmetterle il suo sapere. Entriamo subito in confidenza, alla maniera della gente di Romagna. Ci accompagna a visitare il suo tesoro, un museo casalingo che raccoglie tantissimi oggetti appartenuti alla sua vita contadina. Le macchine per cucire sono il suo orgoglio, continua ancora oggi a collezionarle, e sono tutte utilizzabili “perché -dice- tutto quello che conservo deve poter essere utilizzato, altrimenti diventa un rottame“. Conosce ogni pezzo di questi modelli e molti li ha rimessi in uso lei stessa, recuperati da conventi di suore o fabbriche dismesse. Alcune risalgono all’ 800, quella con lo stemma della principessa Elena, o della regina Margherita, le prime Singer, le prime più semplici da usare. E alcuni di questi esemplari sono conservati nel Museo delle Scienze di Londra!

E poi ci sono gli attrezzi da cucina e quelli per fare il sapone; l’abbigliamento per le bestie, che spesso partecipavano alla fiera del paese e vincevano il premio per essere le più belle; non manca il telaio, che Chiara per l’occasione rimette in funzione (qui il video!), litigando prima con la spoletta del filo poi riuscendo a prendere il ritmo che incrocia la struttura dell’ordito con la canapa battuta. Di fianco al telaio c’è un banco pieno di gomitoli: dalla lana alla canapa, dal cotone alla seta.

La canapa grezza -ci spiega Verdiana- si lavora col pettine e poi si fila; poi c’è il lino, più fine; e poi c’è la seta, con cui si facevano le coperte del letto. A Forlì un tempo c’era la filanda dove le ragazzine di 14 anni lavoravano la seta aspirando con le cannucce il bozzolo della seta per trovare il capo del filo. Ed erano tutte malate di tisi! Ma lavoro non ce n’era e questo un po’ era pagato.

Per alcuni anni questo luogo di memoria viva era diventato una fattoria didattica a disposizione delle scuole, ora le nipoti vorrebbero nuovamente renderlo fruibile.

Ma cosa c’entra Verdiana con Gianni Alemanno? Quasi nulla, se non fosse che nel 2001 la nonna forlivese riceve a casa una lettera di invito per Roma da parte del Ministero delle Politiche Agricole.
Senza conoscerne le ragioni Verdiana sale su un “treno di lusso” con due amiche e raggiunge Roma. Scopre ben presto che è tra le cinque donne premiate nella Giornata Mondiale della Donna rurale: riceve, dall’allora Ministro delle politiche agricole Alemanno, un mazzo di rose “per l’esperienza -così recita il premio- maturata in agricoltura e l’impulso dato alla cultura rurale“… Ma sentite la storia dalla sua viva voce!

https://www.youtube.com/watch?v=zI1b3DiQyAI

L’incontro con Chiara e Verdiana ci fa riflettere sul fatto che probabilmente nel forlivese, in Romagna, si è conservato una cultura agricola diversa che nel resto d’Italia: abbiamo percepito in questa storia un approccio positivo che non appartiene solo alle nuove generazioni ma che si trasmette da nonna a nipote. Per la prima volta gli agricoltori ci raccontano una storia positiva, in cui al lavoro corrisponde anche un dignitoso guadagno. Eppure la Romagna, al pari delle Langhe, della Calabria, della Lucania, della Campania di un tempo, era povera. È anche vero però che la Romagna, terra fertile, è stata una delle prime aree d’Italia, fino dalla fine dell’Ottocento, ad accogliere le cooperative di mutuo soccorso, estesesi poi anche in agricoltura. In sostanza, è come se in queste terre il lavoro in agricoltura non si fosse mai interrotto. E oggi continua, forse meglio di prima.

Dalla campagna al centro storico di Forlì. Siamo in via Mazzini, dove una volta c’era un cinema. Proprio dove ora sorge il laboratorio artigianale di Elena Balsamini.
La sua stamperia, Il Guado, prende il nome dalla pianta da cui, finDSCN4702 dall’antichità, si estraeva il colore blu: è una bottega che profuma di storia, conserva il fascino dell’artigianato ma raccoglie nei grandi gomitoli e nelle tele srotolate l’eleganza dei tessuti lavorati o ancora grezzi. Osservando gli oggetti in vista si immaginano le fasi del lavoro, ma si possono solo immaginare perché, come tutte le botteghe che si rispettino, conserva ben stretti i segreti del mestiere!

Per creare i disegni sulle stoffe uso una miscela ricavata dal ferro, in cui l’aceto è l’elemento principale, ma di cui non vi svelerò mai le quantità! La tradizione dei disegni è antica, risale a oltre 500 anni fa ed è legata al raccolto nei campi, infatti ricorrono la spiga, il galletto, l’uva e il melograno, simboli di abbondanza. La passione l’ho ereditata da mio padre, che ha realizzato a mano gli stampi dei disegni che ancora oggi uso.

Elena ha cominciato nel ’96 con l’obiettivo di far incontrare la tradizione romagnola, cioè la stampa a ruggine su tessuto, con l’innovazione artigianale.

Il colore viene steso su un tampone di legno, sul quale si intinge lo stampo, che viene poi appoggiato e battuto con il mazzuolo. A questo segue il fissaggio, cioè far legare la tinta alla fibra naturale. Una volta si usava la cenere con acqua bollente: chimicamente non è altro che la soda caustica, quella che uso io ora. Queste stampe sono nate in ambiente contadino: la figura dello stampatore, infatti, non esisteva prima come mestiere, e gli ingredienti usati hanno tutti origini rurali. Il migliore filato per questo tipo di stampi è proprio la canapa.

E ancora una volta ritorna, ora nella filiera tessile.
L’economia della povera Romagna, fin dai primi del Novecento, era basata sulla coltivazione della canapa e la canzone popolare A Gramadora ce lo racconta in note; ci rivela Elena che all’epoca, oltre all’ostetrica, un’altra figura di donna girava per le case avendo un ruolo fondamentale: era l’orditaia, che aiutava a montare l’ordito sul telaio!
Ma l’arte della stampa su tela ha, pare, origini ancora più antiche: certamente era già conosciuta dagli egiziani, in Italia erano i Veneziani a praticarla fin dal Quattrocento.
Quando ancora la Romagna era parte dello Stato Pontificio, quest’arte era molto diffusa, tanto che era nato un distretto artigianale di cui facevano parte, oltre a Forlì, S.Stefano, Cervia, Cesenatico, Bellaria, Gambettola, Meldola, Rimini e Carpegna. L’ornato stampato era usato come gualdrappa per i buoi e come ornamento di coperte, asciugamani, cuscini, tendaggi.
Oggi, per difendersi dalla concorrenza di prodotti industriali di scarso prezzo che arrivano da ogni dove, i pochi stampatori romagnoli ancora attivi si sono costituiti nell’Associazione Stampatori Tele Romagnole, che ha creato un marchio per tutelare le vere stampe romagnole.

Una volta -continua Elena- andavo io a cercare le stoffe su cui stampare, ora con la crisi molta gente me le porta pur di recuperare qualche soldo, piuttosto che buttarla via. Pochissimi ormai le lavorano. Si riesce a lavorare, pure se il periodo è molto difficile: oltre alle stampe mi occupo anche di recuperare le stoffe, dedicandomi al cucito, al ricamo, all’uncinetto. Ho un rapporto diretto con le mie tele, in passato ho avuto dei dipendenti, ora sono sola, ma va bene così, non ho aspirazioni di allargare la bottega, anche se la mia attività arriva un po’ in tutto il mondo.

La sua arte, diciamo noi, perché Elena è un’artista.
È così che, nello spazio di pochi chilometri, il mondo agricolo di Verdiana rivive in quello odierno della nipote e si incontra con l’artigianato antico eppure moderno di Elena. Un filo rosso lega queste piccole grandi donne, che noi abbiamo cercato di dipanare grazie all’aiuto di Marna.
E ce lo siamo portato fino a Torino, dove siamo ritornati il 30 agosto 2014, dopo una lunga vacanza! Ecco la prova:

DSCN4711

#2RR 2014 è alle spalle. La scrittura di queste note è stato rivivere il viaggio.

Ora siamo pronti a dipanare nuovi fili rossi. Ecco il primo! 😀


 


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