Dopo aver contemplato dall’alto di Panta Rei il lago Trasimeno, il 29 giugno ci rimettiamo in sella, e per la legge del contrappasso stavolta ci attende una discesa a picco che potrebbe condurci direttamente nel lago! Ad immortalare il nostro momento di gloria è l’amico Tullio Bugari.
Per fortuna non era presente al momento della salita del giorno prima: confessiamo, Dino ci venne incontro con la sua Lancia Y e noi gli cedemmo subito i bagagli. Ma la sua proposta era addirittura di aggrapparsi ai finestrini dell’auto! Lì per lì la coscienza dei bikepartigiani si ribella: giammai cedere alla tentazione a scoppio! Però la pendenza è proprio tanta e l’avventura tenta: quante volte al ciclista capita di sognare di lanciarsi sulla strada facendosi tirare da un’auto, provando l’ebbrezza dell’alta velocità? Per non farla troppo lunga, ci aggrappiamo con mani e gomiti ai finestrini aperti, diventando i “bodyguards” di Dino. Ma la salita, ahinoi, ha più buche e trappole del Camel Trophy, costringendo il povero Dino a scalare ripetutamente le marce, tirare il freno a mano, ingranare la retromarcia, risalire… E nel frattempo gomiti e avambracci sono messi a dura prova dalle lamiere roventi! Insomma, tocchiamo con mano la differenza di velocità tra le due e le quattro ruote. Daniele, più coraggioso, si aggrappa e arriva vittorioso fin su, in un gradevole odorino di pelle abbrustolita. Nica, meno coraggiosa ma più pragmatica, infila la bici e i suoi muscoli provati nella macchina di Mary sopraggiunta al momento giusto e, attenta a non perdere la bici dal portello aperto dell’auto, in un attimo si ritrova a Panta Rei. Goliardate fallite che non si dovrebbero neanche raccontare, ma vogliamo essere trasparenti!
Tornati a livello-terra, una breve pausa presso amici in quel di Magione e via nel traffico della tangenziale di Perugia. Daniele commenta: “non è molto diverso da quando la attraversavo nei giorni successivi al terremoto del ’97”. Cantieri ovunque, soprattutto centri commerciali (ce ne sarà urgente bisogno, immaginiamo). Chissà se installeranno una linguetta di pista ciclabile, in modo da rendere il progetto “ecologicamente compatibile”. La strada è veloce e poco ospitale per le biciclette, siamo diretti verso la stazione di Ellera-Corciano.
Guarda caso in questi giorni è iniziata la nostra collaborazione con la testata giornalistica Italia che Cambia e quale migliore occasione per pubblicare i nostri appunti sulle gioie dell’intermodalità? Se volete fare due risate amare sulle nostre avventure ferroviarie seguite questo link, intanto andiamo avanti.
Non ci crediamo ancora, dopo 16 giorni toscani -avevamo ormai appreso come aspirare la “c” 🙂 – siamo davvero nella verdissima Umbria!
Sbarcati alla stazione di Foligno troviamo un reperto di un’epoca andata: un parcheggio biciclette! L’uscita da Foligno è quanto mai pacifica e presto ci troviamo in comode strade di campagna, appena un po’ sterrate. Ma la sorpresa più piacevole è un’altra: un lungo tratto ciclabile che collega Assisi con Spoleto passando per Cannara, Bevagna, Foligno, Montefalco, Trevi e Campello sul Clitumno. Circa 60 km di pista asfaltata per lo più pianeggiante, che costeggia gli argini di diversi torrenti. Assaporiamo un raro e perfetto relax, scandito da vegetazione, canti di uccelli palustri e scorci di paesi di invidiabile bellezza incastonati sulle alture. Ci sarebbe da fermarsi in ognuno: Trevi, Campello sul Clitunno…
Nelle smart cities -come certe città italiane amano chiamarsi- capita di entrare in un percorso ciclabile e poi non sapere come uscirne, se non facendo un salto dal gradino del marciapiede a mo’ di cavaliere a cavallo; qui a Spoleto invece la pista ha anche le sue uscite segnalate 🙂
Ma la nostra destinazione è San Martino in Trignano. La catena delle amicizie e del passaparola continua e grazie a Dino ci dirigiamo sicuri verso il Bed & Breakfast Le Rondinelle, gestito da Cinzia Stella.
Lungo la strada chiediamo indicazioni ad un signore che ci incoraggia enormemente: -Dove dovete andare?- -A San Martino in Trignano-. -No, ma è dall’altra parte, da qui non ci arrivate, dovete passare per Spoleto!- E ancora: – In giro per l’Italia in bici? Ma allora siete disoccupati?- Come fare a spiegargli in due parole che Renzi ci insegna che si chiama flessibilità, non disoccupazione ? 🙂
A dispetto dei consigli dell’autoctono, arriviamo da Cinzia senza passare per Spoleto: qualche salita nell’ultimo tratto, ma il panorama delle colline intorno vale la pena.
La famiglia ci accoglie con molto calore. Siamo ospiti di una cena tra amici, con cane al seguito.
Cinzia ci ascolta curiosa e intanto prepara una cena a base di prodotti nostrani a km 0. Sarà l’aria di campagna, il buio che scende, le erbe aromatiche sparse per casa, ma abbiamo come l’impressione che stia per prepararci una pozione segreta e farci entrare in una magia. Dopo cena, infatti, ci avviamo tutti per una stradina buia, appena illuminata dalle luci dei cellulari, il cane ci precede. Stiamo per entrare nel mondo magico… Si apre la porta, qualcuno accende una luce e appare una fantasmagoria di strumenti musicali artigianali costruiti dal fratello di Cinzia. Un lavoro certosino, frutto di anni di esplorazioni: dalla stagionatura del legno alla corretta intrecciatura delle corde per ottenere da djembè sabar e dum-dum i suoni più tondi e potenti.
Il mattino dopo il sole ci porta invece verso il mondo di Cinzia: l’orto, la serra, il semenzaio e qualche gallina che scorrazza in giro. Un mondo di cui ha deciso di prendersi cura dopo anni di lavoro come operatrice sociale: la cosa a cui tiene di più sono le sue piantine, è specializzata in particolare sul recupero delle aromatiche dimenticate e delle specie locali, tutte coltivate con metodo naturale. Il vivaio, quando arriva Cinzia, sembra prendere vita: un fitto scambio di gesti, sguardi, movimenti intercorre tra lei e le sue piante. Ma non facciamo in tempo a partecipare al loro dialogo, perché dobbiamo già ripartire per Spoleto.
Circa 10 km di discesa verso la città, un altro trenino, dopodiché… Visto che siamo in vena di trasparenza, dobbiamo confessare un’altra immensa vergogna “automobilistica”! Ebbene sì amici lettori, potremmo accampare mille ottime scuse, i vergognosi tagli alla rete ferroviaria e al trasporto pubblico, il tempo tiranno, le cavallette, ma questo non cambia l’atroce realtà: ABBIAMO PRESO IL TAXI!
Calma, non abbiamo saltato il fosso e abbandonato gli usati vestiti di Porta Palazzo per delle divise Armani! Il fatto è che sapevamo che l’offerta di trasporto pubblico e in concessione è inadeguata e lascia ben poca scelta a chi abita i piccoli centri, ma non immaginavamo COSÌ poca. Per arrivare a Sant’Anatolia di Narco occorre prendere una statale con una galleria a doppio senso lunga 5 km. Ancorate le bici alla stazione e lasciati i bagagli al bar, preso atto che la prossima corriera sarebbe passata in tempo utile… per farci perdere l’intera giornata e che in quel tipo di strada non si può fare l’autostop, alla fine ci siamo dovuti arrendere. Abbiamo pagato il nostro tradimento una cifra emblematica: 30 euri! :-p Taciamo per carità di patria sulla condotta criminale dell’autista che invadeva la corsia opposta mentre un Tir sopraggiungeva: se ci leggete vuole dire che è andata bene!
E potrete leggere la tappa successiva!
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