La strada che porta dalle Balze di Volterra a Monteriggioni è da manuale. Meno di 50 Km da percorrere, tutta saliscendi, ma senza esagerare con le pendenze, abbastanza larga e comoda da poter essere percorsa a pedali senza preoccuparsi eccessivamente del traffico, ma con un traffico sempre più intenso man mano che passano le ore. Il passaggio dalla Val di Cecina al senese vede ben pochi centri abitati prima di arrivare alla mitica San Gimignano. Si vedono soprattutto fattorie e borghi, borghi ristrutturati, ristrutturati a caro prezzo e che ora offrono le loro attrattive in più lingue, segno che non è al turismo nostrano che aspirano. Siamo ormai entrati nella Toscana dorata, quella che non vede di buon occhio viaggiatori palesemente “poveri” come i sottoscritti. Infatti, a conferma di ciò i primi individui che incontriamo appena usciti dall’agriturismo sono due inglesi: fermi sul ciglio della strada, sotto il sole cocente, alle prese con la catena impigliata, veniamo raggiunti da una coppia in furgone che, senza tante parole, tira fuori i suoi attrezzi e ci aiuta a disincastrare la catena troppo spesso ballerina. Ci raccontano di aver preso casa vicino Volterra e si godono un paesaggio a tratti quasi irreale per sei mesi all’anno. I colori sono pastello, sintomo di una terra fresca, non ancora bruciata dal sole d’estate, mentre nuvole e fulmini lontani vivacizzano la pedalata. I problemi iniziano poco prima di San Gimignano: la pioggia ha reso la strada viscida e gli automobilisti intorno più imprudenti, prima di Campiglia c’è una serie di ripidi tornanti che fanno pensare a Bra e Pollenzo e più di un volpone automunito tenta di violare la legge dell’impenetrabilità dei corpi pretendendo di sorpassare, in curva e in discesa, un maestoso bus!
Con Colle Val d’Elsa ritroviamo le zone industriali. Il tratto idilliaco di Francigena che Daniele aveva percorso a piedi due anni fa, alla prima edizione del Festival della Viandanza, sembra appartenere a un altro pianeta.
Sullo sfondo di nuovo colline, cominciamo a vedere sempre più vicino il castello di Monteriggioni. Non essendoci mai stata, mi aspettavo di trovarmi davanti un paesino immerso ancora nel Medioevo, ma l’area industriale che lo precedeva non ispirava la mia immaginazione! Invece… all’altezza di Abbadia ad Isola le conferme arrivano quasi tutte, insieme alle salite! Qualche chilometro di salita ci introduce letteralmente in un altro mondo, l’entrata nelle mura ce la meritiamo tutta e di colpo ci sembra di essere tornati indietro di qualche secolo.
Ogni angolo di queste mura è protagonista nei giorni dal 20 al 22 giugno del Festival della Viandanza, evento ormai giunto alla sua terza edizione e dedicato al viaggio lento: dai cammini a piedi o accompagnati dagli asini, ai viaggi in bicicletta o con le ruote di una carrozzella! Quest’anno gli incontri si sviluppano intorno al tema del viaggio come opportunità di cambiamento.
“Noi pensiamo che non sia più il tempo delle corse. Dobbiamo rallentare, fermarci, toglierci la maglietta madida di sudore, asciugarci, indossare una maglia, una giacca, sederci su una panchina, godere del riposo, riflettere, fare spazio affinché altri vi si possano sedere (…) Organizziamo il Festival della Viandanza perché crediamo che i viandanti siano dei rivoluzionari: non importa il loro nome, il loro lavoro, il loro conto in banca, la loro formazione, la loro lingua, la loro cultura, né da dove siano partiti e dove siano diretti, conta solo che siano donne e uomini in viaggio, quindi fragili, curiosi, amichevoli, lenti, disposti ad accogliere e ad essere accolti. (…) Non avendo bisogno di nulla al di là di qualche vestito e un paio di scarpe, essi non sono ricattabili, il denaro non li può comprare, nessun potere li può lusingare. Questa libertà li rende pericolosi, impossibili da incasellare, dei borderline”.
Luigi Nacci esprime con queste parole lo spirito della Viandanza meglio di quanto avremmo potuto fare noi. Nel nostro caso di viandanti in bicicletta, le borse -e lo strumento!- che ci portiamo dietro sono davvero molto strette se si considera che due mesi ci terranno lontani da casa. Eppure pensiamo che ci basteranno: abbiamo il necessario per il viaggio, molto altro, come un piatto caldo o l’acqua, sono sempre a disposizione grazie a tante persone che ci sostengono, ma non perché siamo poveri, ma perché credono che questo sia lo spirito di chi accoglie un viandante. Di molte persone che abbiamo incontrato finora non conosciamo neppure il nome ma ci ricordiamo che ci hanno aiutato senza chiederci nulla.
Compriamo il necessario lungo la strada sia perché non siamo ricchi sia perché abbiamo poco spazio: le cose che ci portiamo dietro hanno tutte un peso, ma questo peso fisico acquisisce anche un valore preciso. La regola è più o meno questa: “ci serve?”, se sì ce lo portiamo dietro e accettiamo di buon grado anche lo sforzo necessario. Anche la spesa quindi, acquisisce un suo valore, che diremmo più politico che economico. Questo spirito riguarda tutti i viaggiatori lenti, che partecipano ai dibattiti in questi tre giorni.
Il Festival in tal senso è un preciso manifesto politico, pericoloso come dice Luigi Nacci: la crisi dilagante ci chiede di accelerare i ritmi di produzione, di stare perennemente connessi – e anche noi, come vedete, ci avventiamo a valanga quando troviamo rete. Eppure tutti i viandanti che vengono a raccontare la loro esperienza hanno capito qualcosa di fondamentale. Per dirne una: ritmi di produzione di cosa? Di quale utilità? E il prezzo ne vale la pena? E soprattutto vale il tempo delle nostre vite irripetibili?
Dopo una vita lunga e avventurosa Bernard Ollivier ha avuto un’idea per i giovani delle banlieues, minori alle prime condanne che entrando in carcere rischiano più che altro di “imparare il mestiere” sul serio, di “entrare nel giro” per non uscirne più: anziché quattro mesi di pena detentiva quattro mesi di Cammino di Santiago (o equipollenti), accompagnati da educatori-camminatori. Si vede il mondo, spesso per la prima volta, si impara a gestire e rispettare la fatica, si conosce la propria resistenza, si acquista una nuova visione di se stessi. In francese rende bene: de zéro en héros, da zero a eroe.
Un po’ come avviene, con dinamiche diverse, per Pietro Scidurlo che ha sfidato i suoi limiti fisici per raggiungere Santiago di Compostela in tre ruote di carrozzella, accorgendosi che il suo era piuttosto un disagio psicologico da superare. E aprendolo così idealmente a tutte le carrozzelle, quando uscirà la sua guida per Terre di Mezzo.
La strada per Santiago è un percorso battuto da molti, anche con gli asini: Massimo Baccarin e Jessika Labrador Fernandez hanno camminato per nove mesi, vissuti in tenda, in compagnia di due asine e due cani (“venti zampe in totale!”), per poi sposarsi a Finisterre. Rigorosamente A Passo Lento!
Gli asini. Per sfatare i luoghi comuni sono animali intelligenti. Massimo Montanari, “narratore del territorio” più che guida, lavora con loro accompagnando i bambini lungo i sentieri di campagna ed educandoli ad un cammino più consapevole nella natura.
Ad un’educazione di comunità mira anche la “Scuola del Borgo” ideata da Manes ad Ostia: è la comunità ad educare, e quindi trasmettere conoscenze ed esempio ai più piccoli, un po’ come avveniva in passato. La periferia è il luogo privilegiato di queste idee: ai margini della città, ha sempre più bisogno di spazi di condivisione che siano fortemente legati anche alla città. Scampia, a Napoli, è diventata un fazzoletto di collegamento con la città, grazie al lavoro sistematico condotto per le strade dall’associazione Chi Rom e chi no.
Lentezza. Monteriggioni luogo di cammini seri insieme a Roberta Ferraris e Gimmi Basilotta, Luca Gianotti e Jannina Veit Teuten, e camminate buffe su ispirazione dei Monty Python, le Silly Walks.
Musica. Qual è la musica che accompagna il passo del pellegrino, del viandante? E quale quella della veglia, del racconto accanto al fuoco alla fine della giornata di cammino? Daniele si è posto la domanda restando in ascolto e restituendo con il respiro dell’organetto, mentre Gianmaria Testa ha scandito i passi narrativi di Giuseppe Cederna, David Riondino ha rinverdito il ruolo del cantastorie attraverso le novelle del Decameron.
Per noi la Viandanza è stato punto di incrocio con il viaggio appena concluso di Italia che Cambia e con quello da cominciare di Il Movimento Lento.
Ma il Festival è anche il punto di snodo di tre importanti festival italiani, Ciclomundi, il Festival del Camminare e la Viandanza appunto. Portogruaro, Bolzano, Monteriggioni……..
Al momento di lasciarci, non uno dei partecipanti che non sia pronto a ripartire con rinnovata energia. E anche se le destinazioni sono molteplici, la direzione è comune! Osiamo sempre più essere pericolosi, magari con il nuovo progetto di manifesto dell’altravelocità!
L’avevamo promesso, e qui si è verificato: incontri di intensità bruciante nonostante il ritmo lento. O forse grazie al ritmo lento?